prima di iniziare alcune precisazioni:
ALIMENTAZIONE:
identifica un atto naturale, consapevole e spontaneo di scelta di cibo ed acqua
mediante i quali ci nutriamo.
NUTRIZIONE:
l’insieme dei processi fisiologici che comportano l’assorbimento e l’utilizzo
dei nutrienti assunti con l’alimentazione.
N.B NUTRIZIONE ED ALIMENTAZIONE NON SONO SINONIMI
IDRATAZIONE:
procedura che mira a garantire il bilancio idroelettrolitico dell’individuo che
si ottiene di norma mediante l’assunzione naturale o artificiale di una quantità
adeguata di liquidi e minerali.
NUTRIZIONE ARTIFICIALE:
è un trattamento medico grazie al quale è possibile nutrire un paziente quando
l’alimentazione è compromessa in tutto o in parte
A cosa servono l’alimentazione e l'idratazione forzata?
E’ un atto medico (che utilizza strumenti e procedure particolari) che tende
a garantire l’assunzione adeguata di liquidi e minerali ed un’adeguato
assorbimento di nutrienti (nutrizione) per pazienti non in grado di
ottenerli per via naturale. Essendo un atto medico (non un atto
assistenziale) necessita del consenso del paziente. Diventa “forzato” quando
non è espresso in modo documentabile “il consenso informato” del paziente o
suo delegato.
Come entrambe influiscono sul dolore?
Non possono considerasi come cure palliative. In quanto trattamenti
sostitutivi dell’alimentazione naturale possono trovare indicazione
nell’ambito di programmi di cure palliative, accanto ad altri provvedimenti
medici (e non) riservati a pazienti in cui non sia più possibile un
trattamento eziologico o curativo della patologia di base. Pertanto non
hanno un’azione diretta sul dolore per il quale trattamento sono meglio
individuabili interventi farmacologici. Esistono alcuni dati che
proverebbero l’effetto antalgico ed ansiolitico della disidratazione
attraverso la produzione di endorfine.
L’alimentazione e l'idratazione forzata influiscono sulla durata e qualità
della vita?
Sicuramente possono influire sulla durata e qualità di vita del paziente
terminale se come ritengono molti:
L’iperidratazione del morente può accentuare la dispnea fino all’edema polmonare;
Il supporto nutrizionale può prolungare la fase agonica;
La disidratazione riducendo le secrezioni del tratto gastroenterico può ridurre la nausea ed il vomito nella fase terminale;
La disidratazione riducendo le secrezioni delle vie respiratorie può ridurre la tosse ed il rantolo;
Idratazione forzata può aumentare l’incidenza degli edemi e versamenti pleurici o addominali (ascite);
C’è però tra i medici chi ritiene che:
Non esistono evidenze in letteratura che il reintegro idroelettrolitico sia in grado di prolungare la vita quindi la sofferenza del paziente terminale;
In conclusione non esistono dati certi che possono indicare quando un trattamento di nutrizione artificiale sia veramente benefico in un paziente terminale, ma la letteratura è concorde nel ritenere indicata la nutrizione artificiale nel malato in fase avanzata quando l’attesa di sopravvivenza sia almeno di 3 mesi.
Nel malato terminale preagonico o con attesa di vita di pochi giorni o settimane la nutrizione artificiale non è di norma indicata. In tali pazienti è assente il senso della fame e sete.
La nutrizione è o non è una procedura a sostegno della vita e perché?
Abbiamo due visioni e pensieri diversi:
“Sanctity of life position” (Sacralità della vita): deve sempre
essere assicurata la nutrizione ed idratazione, indipendentemente dagli
stimoli della fame o della sete, dall’aspettativa di vita, dall’impatto
sulla qualità di vita o dalla volontà presente o espressa
precedentemente.
Posizione che considera la vita un bene inviolabile, con una sua dignità
intrinseca, indipendente dallo stato di coscienza e della capacità di
interagire con gli altri.
Per cui la nutrizione ed idratazione sono considerati atti ordinari di
“assistenza”.
“Quality of life position”(Qualità della vita): sono considerati accanimento terapeutico se mantiene una vita che ha un carico di sofferenza o di passività superiori alla gioia o alla speranza.
La nutrizione e l’idratazione sono considerati atti medici (non assistenziali), quindi il paziente è al centro del processo decisionale.